Le vedove della chimica vanno in aula
contro le multinazionali del petrolio
Il Gup si esprimerà sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Michele Incani nei confronti dei dirigenti di Syndial, Ineos e Sasol. L'accusa è di disastro ambientale e avvelenamento continuato di sostanze alimentari.
Il 18 settembre le vedove e gli orfani di quaranta ex lavoratori deceduti per tumore, difesi dall'avvocato Ivan Cermelli, si costituiranno parte civile nell'eventuale processo contro i dirigenti del petrolchimico di Porto Torres. Il giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Sassari si esprimerà sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Michele Incani nei confronti dei dirigenti di Syndial, Ineos e Sasol. L'accusa è di disastro ambientale e avvelenamento continuato di sostanze alimentari, reati che sarebbero stati compiuti a partire dal 2005. Anche il Comune, venerdì, si costituirà ufficialmente parte civile: l'ente locale ha già assegnato l'incarico agli avvocati Stefania Pappani, Teresa Siciliano e Francesco Carboni. In aula sarà battaglia senza esclusione di colpi: l'Eni e le altre aziende chimiche sospettate di aver inquinato acque e terreni stanno per mettere in campo una pattuglia di quindici legali per smontare il castello di accuse. All'iniziativa avviata dall'associazione "Cultura e Azione" hanno risposto circa novanta famiglie. Vedove e figli di quaranta persone ammalate o decedute per tumori riconducibili a sostanze inalate negli impianti. Tutti quei padri e mariti se li sarebbe portati via il petrolchimico: per questo i parenti chiedono giustizia per gli operai originari di Porto Torres, Sassari, Ittiri, Uri, Usini, Alghero, Sorso, Sennori, forse morti di lavoro. Benzene, metalli, cloruri, diossine: sono alcuni dei veleni con cui i lavoratori entravano a contatto sin dagli anni Sessanta, spesso senza essere informati dei pericoli derivanti dall'esposizione. «Le cartelle cliniche si trovano nelle mani dell'avvocato Ivan Cermelli che ha offerto il patrocinio gratuito», spiega il coordinatore di Cultura e Azione, Giancarlo Pinna. «La nostra è stata un'iniziativa partita in sordina, che si è diffusa grazie al passaparola. Mesi fa abbiamo attivato una casella e-mail (culturaeazione.legale@gmail.com) per ricevere le segnalazioni. I familiari dei lavoratori ci hanno contattato, raccontato le loro storie, fornito documenti e referti medici», aggiunge Pinna. «Già nel 2004 avevo denunciato alla magistratura cosa accadeva nella zona industriale. Io lì ci lavoravo e vedevo dove finivano materiali di scarto come la pece fenolica: tutti nel sottosuolo e ricoperti da montagne di terra. Amministratori e sindacalisti non hanno brillato per attenzione ambientale, ma per fortuna la magistratura non si è tappata gli occhi». A luglio si è costituita parte civile la Provincia e contro i Golia della chimica italiana si sono schierati anche due fratelli di Porto Torres che lavorano in un cantiere navale a bocca di petrolchimico, davanti a una darsena che è una sorgente di veleni. Lì, nel 2006, il Magistrato delle acque di Venezia aveva rilevato, infatti, una fonte di benzene: un rivolo che dalla banchina finiva (e finisce tutt'oggi) sulla superficie dell'acqua. Le quantità di veleni erano 75 volte superiori a quelle individuate in profondità. Le esalazioni sono insopportabili e nei capannoni circostanti emicranie e nausee diventano malesseri quotidiani. Eppure le analisi eseguite nel 2006 non lasciavano molti dubbi. Ma da allora nessuno è tornato a controllare e non sono mai stati presi provvedimenti.
SAMUELE SCHIRRA
Domenica 13 settembre 2009 09.03
contro le multinazionali del petrolio
Il Gup si esprimerà sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Michele Incani nei confronti dei dirigenti di Syndial, Ineos e Sasol. L'accusa è di disastro ambientale e avvelenamento continuato di sostanze alimentari.
Il 18 settembre le vedove e gli orfani di quaranta ex lavoratori deceduti per tumore, difesi dall'avvocato Ivan Cermelli, si costituiranno parte civile nell'eventuale processo contro i dirigenti del petrolchimico di Porto Torres. Il giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Sassari si esprimerà sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Michele Incani nei confronti dei dirigenti di Syndial, Ineos e Sasol. L'accusa è di disastro ambientale e avvelenamento continuato di sostanze alimentari, reati che sarebbero stati compiuti a partire dal 2005. Anche il Comune, venerdì, si costituirà ufficialmente parte civile: l'ente locale ha già assegnato l'incarico agli avvocati Stefania Pappani, Teresa Siciliano e Francesco Carboni. In aula sarà battaglia senza esclusione di colpi: l'Eni e le altre aziende chimiche sospettate di aver inquinato acque e terreni stanno per mettere in campo una pattuglia di quindici legali per smontare il castello di accuse. All'iniziativa avviata dall'associazione "Cultura e Azione" hanno risposto circa novanta famiglie. Vedove e figli di quaranta persone ammalate o decedute per tumori riconducibili a sostanze inalate negli impianti. Tutti quei padri e mariti se li sarebbe portati via il petrolchimico: per questo i parenti chiedono giustizia per gli operai originari di Porto Torres, Sassari, Ittiri, Uri, Usini, Alghero, Sorso, Sennori, forse morti di lavoro. Benzene, metalli, cloruri, diossine: sono alcuni dei veleni con cui i lavoratori entravano a contatto sin dagli anni Sessanta, spesso senza essere informati dei pericoli derivanti dall'esposizione. «Le cartelle cliniche si trovano nelle mani dell'avvocato Ivan Cermelli che ha offerto il patrocinio gratuito», spiega il coordinatore di Cultura e Azione, Giancarlo Pinna. «La nostra è stata un'iniziativa partita in sordina, che si è diffusa grazie al passaparola. Mesi fa abbiamo attivato una casella e-mail (culturaeazione.legale@gmail.com) per ricevere le segnalazioni. I familiari dei lavoratori ci hanno contattato, raccontato le loro storie, fornito documenti e referti medici», aggiunge Pinna. «Già nel 2004 avevo denunciato alla magistratura cosa accadeva nella zona industriale. Io lì ci lavoravo e vedevo dove finivano materiali di scarto come la pece fenolica: tutti nel sottosuolo e ricoperti da montagne di terra. Amministratori e sindacalisti non hanno brillato per attenzione ambientale, ma per fortuna la magistratura non si è tappata gli occhi». A luglio si è costituita parte civile la Provincia e contro i Golia della chimica italiana si sono schierati anche due fratelli di Porto Torres che lavorano in un cantiere navale a bocca di petrolchimico, davanti a una darsena che è una sorgente di veleni. Lì, nel 2006, il Magistrato delle acque di Venezia aveva rilevato, infatti, una fonte di benzene: un rivolo che dalla banchina finiva (e finisce tutt'oggi) sulla superficie dell'acqua. Le quantità di veleni erano 75 volte superiori a quelle individuate in profondità. Le esalazioni sono insopportabili e nei capannoni circostanti emicranie e nausee diventano malesseri quotidiani. Eppure le analisi eseguite nel 2006 non lasciavano molti dubbi. Ma da allora nessuno è tornato a controllare e non sono mai stati presi provvedimenti.
SAMUELE SCHIRRA
Domenica 13 settembre 2009 09.03