http://www.urn-indipendentzia.com/URN/URN%20Sardinnya%20-%20Comunicato%201-09.pdf
Cari Lettori,
Non siamo per l' accanimento terapeutico, non siamo neppure per un ritorno dell' influenza
della religione negli affari diretti dello Stato.
Siamo piuttosto sconcertati per la vittoria del "Partito della Morte" che nel doloroso caso di
Eluana Englaro ha trovato il suo concepimento nelle maglie di un vulnus giuridico presente nel
sistema legislativo ed istituzionale.
Il sistema giudiziario -nonostante l' assenza di una normativa relativa al cosìdetto testamento
biologico- si è ritrovato nella piena facoltà di poter decidere in totale autonomia il destino della
vita di una persona. La vita di un cittadino dello stato, che lo stato avrebbe dovuto tutelare.
I giudici, in ragione di una discutibile procedura formale, hanno riconosciuto come valide le
dichiarazioni casuali e spontanee prodotte da Eluana Englaro oltre 17 anni fa in merito di
eutanasia. Dichiarazioni confermate da persone, quali ad esempio il padre, il cui manifesto
stato di coinvolgimento emotivo/psicologico nella vicenda non avrebbe potuto consentire ad
esso una lettura imparziale ed obiettiva sulla natura degli eventi.
Il padre è stato identificato come rappresentante legale della figlia attraverso un iter normativo
piuttosto tortuoso che ha addirittura assunto la Convenzione di Oviedo (ratificata dall' Italia nel
2001) come giustificazione (sentenza Cassazione 2007) per autorizzare la tragedia
consumatasi a Udine. Ma in tale Convenzione, non si parla di eutanasia in maniera esplicita,
piuttosto si parla di autorizzazione che il rappresentante legale (il padre nel nostro caso)
avrebbe dovuto dare per interventi rischiosi preposti al salvataggio della vita (e non per la
promozione della morte). Ecco il dettaglio che qualcuno (nella discrezionalità giudiziaria della
lettura normativa) ha voluto offrire per giustificare la scelta di staccare l' alimentazione.
Eluana Englaro non ha potuto decidere il suo destino, altri hanno deciso in sua vece.
Altri che forse hanno costruito un puzzle normativo inserendo forzatamente pezzi di mosaico
estranei alla scelta che volevano giustificare.
Nel momento in cui in un dato caso vige il dubbio, l' intangibilità della vita dovrebbe essere l'
unico principio per cui uno stato -che rappresenta il cittadino- dovrebbe muoversi.
Come la Chiesa non ha il diritto di imporre i suoi valori, alla stessa stregua uno Stato non
dovrebbe avere il diritto di procedere alla cessazione di una vita la quale non ha potuto
manifestare le sue volontà.
Sulla base di questo concetto, non si può giocare a fare i progressisti sulla vita delle persone.
Qualora inoltre il genitore/tutore non sia più psicologicamente idoneo ad esprimere vicinanza al
suo congiunto nella costante assistenza medica, non è pensabile che questi possa pensare di
eliminare il problema liquidando la vita di un soggetto attraverso l' eutanasia. Ripetiamo: Nel
caso in cui il paziente non abbia avuto modo di esprimere chiara volontà in tal senso.
A dispetto di quanto affermano oggi alcune fonti giornalistiche, noi riteniamo che il vuoto
normativo esista: Non è pensabile che un' organo della Repubblica come la Magistratura (tra
Appello e Cassazione) possa trascinare per anni una questione simile elaborando di volta in
volta una situazione giuridica che ha -nei casi più recenti- ribaltato le precedenti decisioni ed
appunto, ne ha identificato di improprie come cavillo per anteporre la cultura della morte a
quella della vita.
Ciò è stato possibile solo per via dell' assenza di una omogenea normativa disciplinante le
ultime fasi della vita di un soggetto.
Talvolta un problema etico, morale e sociale non trova il suo inquinamento in una data visione
della fede, quanto piuttosto in una invadente e maldestra visione della laicità.
U.R.N. Sardinnya ONLINE www.urn-indipendentzia.com
Cari Lettori,
Non siamo per l' accanimento terapeutico, non siamo neppure per un ritorno dell' influenza
della religione negli affari diretti dello Stato.
Siamo piuttosto sconcertati per la vittoria del "Partito della Morte" che nel doloroso caso di
Eluana Englaro ha trovato il suo concepimento nelle maglie di un vulnus giuridico presente nel
sistema legislativo ed istituzionale.
Il sistema giudiziario -nonostante l' assenza di una normativa relativa al cosìdetto testamento
biologico- si è ritrovato nella piena facoltà di poter decidere in totale autonomia il destino della
vita di una persona. La vita di un cittadino dello stato, che lo stato avrebbe dovuto tutelare.
I giudici, in ragione di una discutibile procedura formale, hanno riconosciuto come valide le
dichiarazioni casuali e spontanee prodotte da Eluana Englaro oltre 17 anni fa in merito di
eutanasia. Dichiarazioni confermate da persone, quali ad esempio il padre, il cui manifesto
stato di coinvolgimento emotivo/psicologico nella vicenda non avrebbe potuto consentire ad
esso una lettura imparziale ed obiettiva sulla natura degli eventi.
Il padre è stato identificato come rappresentante legale della figlia attraverso un iter normativo
piuttosto tortuoso che ha addirittura assunto la Convenzione di Oviedo (ratificata dall' Italia nel
2001) come giustificazione (sentenza Cassazione 2007) per autorizzare la tragedia
consumatasi a Udine. Ma in tale Convenzione, non si parla di eutanasia in maniera esplicita,
piuttosto si parla di autorizzazione che il rappresentante legale (il padre nel nostro caso)
avrebbe dovuto dare per interventi rischiosi preposti al salvataggio della vita (e non per la
promozione della morte). Ecco il dettaglio che qualcuno (nella discrezionalità giudiziaria della
lettura normativa) ha voluto offrire per giustificare la scelta di staccare l' alimentazione.
Eluana Englaro non ha potuto decidere il suo destino, altri hanno deciso in sua vece.
Altri che forse hanno costruito un puzzle normativo inserendo forzatamente pezzi di mosaico
estranei alla scelta che volevano giustificare.
Nel momento in cui in un dato caso vige il dubbio, l' intangibilità della vita dovrebbe essere l'
unico principio per cui uno stato -che rappresenta il cittadino- dovrebbe muoversi.
Come la Chiesa non ha il diritto di imporre i suoi valori, alla stessa stregua uno Stato non
dovrebbe avere il diritto di procedere alla cessazione di una vita la quale non ha potuto
manifestare le sue volontà.
Sulla base di questo concetto, non si può giocare a fare i progressisti sulla vita delle persone.
Qualora inoltre il genitore/tutore non sia più psicologicamente idoneo ad esprimere vicinanza al
suo congiunto nella costante assistenza medica, non è pensabile che questi possa pensare di
eliminare il problema liquidando la vita di un soggetto attraverso l' eutanasia. Ripetiamo: Nel
caso in cui il paziente non abbia avuto modo di esprimere chiara volontà in tal senso.
A dispetto di quanto affermano oggi alcune fonti giornalistiche, noi riteniamo che il vuoto
normativo esista: Non è pensabile che un' organo della Repubblica come la Magistratura (tra
Appello e Cassazione) possa trascinare per anni una questione simile elaborando di volta in
volta una situazione giuridica che ha -nei casi più recenti- ribaltato le precedenti decisioni ed
appunto, ne ha identificato di improprie come cavillo per anteporre la cultura della morte a
quella della vita.
Ciò è stato possibile solo per via dell' assenza di una omogenea normativa disciplinante le
ultime fasi della vita di un soggetto.
Talvolta un problema etico, morale e sociale non trova il suo inquinamento in una data visione
della fede, quanto piuttosto in una invadente e maldestra visione della laicità.
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