Carta de tzerriada po s’Unidadi de sa Giuventudi Indipendentista Sarda
Carta de tzerriada pro s’Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda
Carta di chiamata per l’Unità della Gioventù Indipendentista Sarda
Le giovani e i giovani sono il futuro di una Nazione, la loro parte più disinteressata, più viva, più dinamica, meno legata a vecchie abitudini, schemi mentali e preconcetti, più incline a intraprendere dei percorsi volti alla costruzione di una società migliore e alternativa, a impegnarsi e lottare per essa.
Nella nostra Nazione, la Sardinnia, la gioventù è, ad oggi, nella sua parte più consistente, priva di qualsivoglia prospettiva sicura e rassicurante, causa la drammatica e cronica condizione di sottosviluppo economico indotto da decenni di malgoverno italiano nella nostra Terra:
- il settore industriale petrolchimico (l’unico che lo stato italiano e la classe politica sarda sua intermediaria abbiano inteso sviluppare in Sardinnia, in lampante contrasto con le sue esigenze e naturali propensioni) attraversa una crisi sempre più drammatica e ormai prossima al definitivo collasso, complice la sistematica elargizione di fondi regionali a industriali senza scrupoli che regolarmente dopo pochi anni chiudono le proprie fabbriche dichiarandone il fallimento, magari portandone via i macchinari pagati con i soldi dei sardi, come accaduto nel caso della Queen (meccanismo coloniale permesso dalla vergognosa legge 488, né più né meno che una vera e propria regolamentazione della più bieca e pura speculazione), con la tacita connivenza dei partiti e dei sindacati italiani, e con il desolante risultato dell’ulteriore e progressivo ingrossamento delle file degli operai e dei lavoratori sardi in cassa integrazione;
- il settore agropastorale, ugualmente, attraversa una crisi senza precedenti, con i sardi che investono in esso che si trovano sempre più schiacciati dalla sleale e impari concorrenza delle grandi imprese multinazionali, con la complicità del potere politico statale e regionale che permette che le nostre produzioni peculiari e uniche al mondo siano introdotte sul mercato in balia di sé stesse, senza i meccanismi di tutela e valorizzazione che competerebbero loro per la propria condizione di unicità (un esempio su tutti quello del latte ovino e caprino sardo, che i nostri piccoli produttori si trovano costretti a vendere ai prezzi di un qualsiasi infimo latte di produzione industriale e per la cui tutela sarebbe sufficiente la semplice ma efficace istituzione di un Marchio di qualità), con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e che sono ben rappresentate dal dramma delle oltre cinquemila famiglie che nell’ultimo anno e mezzo hanno visto il pignoramento e la messa all’asta delle proprie aziende per i debiti accumulati a causa delle suddette deficitarie condizioni in cui si trovano a operare (pignoramenti resi possibili dalla legge regionale 44/88, contestata dalla stessa Commissione Europea);
- il settore artigianale è allo stesso modo, senza dei radicali interventi di tutela e rilancio, destinato alla progressiva scomparsa per via della sempre maggiore onnipresenza dei centri commerciali (siamo la regione europea con la più alta concentrazione di questi), che rappresentano la fine delle
produzioni e dei mercati locali e comunitari, andando quindi a costituire un ulteriore fattore di quella crisi economica che investe tutti i settori della società sarda.
A questo drammatico quadro consegue il logico fatto che per centinaia di migliaia di giovani sardi l’emigrazione dalla propria Terra e il distacco dalla propria comunità (che per quanto concerne le zone interne si traduce nel drammatico fenomeno del loro progressivo e inesorabile spopolamento), l’arruolamento alle forze di occupazione e repressione militari e poliziesche o la precarietà sottopagata come condizione cronica e ineluttabile della propria esistenza sono le uniche vie per sottrarsi alla drammatica piaga della disoccupazione che decenni di politiche coloniali dello stato italiano e della classe politica sarda sua intermediaria non hanno saputo evitare o, peggio ancora, hanno volutamente e scientificamente alimentato per negare sistematicamente i presupposti per delle politiche socioeconomiche sovranistiche e perpetuare, invece, quelle assistenzialistiche e di sudditanza.
Inoltre, il titolo conseguito al termine di una formazione universitaria sempre più parcellizzata e a funzione di mercato è, nella nostra Terra molto più che nelle zone maggiormente sviluppate dello stato italiano, troppo spesso un mero foglio di carta. I costi per poter intraprendere un cammino universitario sono resi sempre più proibitivi da una concezione dell’istruzione sempre più elitaria e .classista: le leggi italiane 133/2008 (ex d.l. 112/2008) e 1/2009 (ex d.l. 180/2008) oltre che prevedere nei prossimi 5 anni un taglio di 1,5 miliardi di euro dei fondi previsti per il finanziamento agli atenei (che per forza di cose si vedranno costretti a far pesare sulle tasche degli studenti e delle loro famiglie queste ingenti risorse che vedranno venir meno), introducono e incentivano la possibilità di trasformazione degli atenei in fondazioni private (che così sancirebbero la supremazia di una ricerca improntata alla massimizzazione immediata del profitto rispetto alla cultura e al sapere). Inoltre l’ultima controriforma dell’istruzione pubblica, quella Gelmini, infliggendo un durissimo colpo alle scuole di grado inferiore dei piccoli centri, e incentivandone l’accorpamento, favorisce il già citato devastante fenomeno del progressivo spopolamento delle zone interne.
Come se non bastasse, l’istruzione pubblica in Sardinnia e, in prospettiva, quel che ne rimarrà di questo passo, continua a negare sistematicamente alle giovani e ai giovani sardi il diritto di poter valorizzare all’interno di essa la propria lingua, cultura e storia: i corsi facoltativi aperti qua e là nelle scuole superiori e nelle università fungono unicamente da specchietto per le allodole funzionale al continuo rinvio di un effettivo e massiccio inserimento della lingua, della cultura e della storia sarda nei programmi ordinari delle scuole sarde di ogni ordine e grado, unico atto capace a medio-lungo termine di contrastare su larga scala il perpetuarsi del processo, specie nei grandi centri in fase ormai avanzata, di etnocidio linguistico e culturale del Popolo Sardo.
Come intraprendere dunque un processo volto al superamento dell’insostenibile status quo? Tramite l’unica via secondo noi percorribile per il Popolo Sardo, e per la gioventù in primis, per sconfiggere il sottosviluppo economico, il malessere sociale e la negazione della propria identità linguistico-culturale, e quindi per spezzare le catene del colonialismo italiano in Sardinnia, ovvero la lotta di liberazione nazionale e sociale, il conseguimento della sovranità come mezzo di costruzione di un’alternativa sarda di società, all’insegna della solidarietà e della giustizia sociale, dell’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, della libertà e della democrazia intese non già come semplice potere di delega ma come introduzione di ampi spazi di partecipazione dei componenti della comunità ai processi decisionali (principio intrinseco nel filone storico dell’indipendentismo sardo: dal primo sardismo delle masse contadine reduci dalla I Guerra Mondiale, al socialismo federalista di Antonio Gramsci e più esplicitamente indipendentista del PCS di Cassitta, Mura e Anfossi, dall’indipendentismo socialista di Antonio Simon Mossa a quello de Su Populu Sardu, Sardinna e Libertade e Partidu Sardu Indipendentista, fino a giungere all’attuale esperienza di Unidade Indipendentista).
Ma ogni lotta che vuole essere vincente, come insegnano i movimenti indipendentisti mediterranei ed europei maggiormente radicati nel proprio territorio e influenti nel proprio contesto nazionale, deve avere adeguate strutture organizzative per ogni settore e categoria della società: occorre quindi oltre che la presenza una realtà prettamente politica che porti avanti la lotta di liberazione nazionale e sociale, anche lo sviluppo di realtà sindacali, di difesa e rilancio della lingua e della cultura, di salvaguardia dell’ambiente e valorizzazione del territorio, di lotta alle discriminazioni sessuali e di genere e, quindi, di una realtà giovanile unitaria e radicata a livello nazionale.
Preso atto di questa necessità e della storica mancanza all’interno del movimento di liberazione nazionale e sociale sardo di tale organizzazione prettamente formata da giovani sardi e rivolta ai giovani sardi, nei primi mesi del 2006 a Cagliari venne fondato da alcuni giovani patrioti il Tzìrculu 28 de Abrili che, nel settembre 2007, subirà una prima evoluzione da realtà territoriale a realtà nazionale, divenendo 28 de Abrili – Organizadura de sa Juventudi Sarda po s’Indipendèntzia, sa Democratzia direta e su Sotzialismu e lavorando per porre le basi per l’unità delle forze politiche anticolonialiste in generale e della gioventù anticolonialista in particolare.
Oggi, in virtù della nuova fase politica apertasi con la storica nascita di Unidade Indipendentista, ovvero di quel Fronte ampio e inclusivo di liberazione nazionale e sociale che in questi tre anni abbiamo sempre fortemente auspicato, e alla cui creazione abbiamo partecipato ponendoci come sua componente giovanile organizzata, dichiariamo realizzati i presupposti a cui il 28 de Abrili ha lavorato in questi anni, ergo esauritasi la sua funzione storica e divenuti maturi i tempi per la nascita dell’Unidade/i de sa Giuventude/i Indipendentista Sarda.
Pertanto invitiamo le organizzazioni facenti parte di Unidade Indipendentista a contribuire fin da subito a un rafforzamento su scala nazionale dell’Unidadi de sa Giuventudi Indipendentista Sarda riconoscendo formalmente il ruolo che gli concerne e favorendo e incentivando un impegno dei propri giovani all’interno di essa: essendo che la gioventù dovrà costituire il motore del riscatto nazionale e sociale del Popolo Sardo, solo con un’Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda forte e dinamica, attiva e radicata, il progetto Unidade Indipendentista potrà assumere nei prossimi anni quel ruolo centrale e di polo di attrazione per tutti quei sardi liberi e ormai coscienti che i partiti italiani e la loro indegna classe politica intermediaria in Sardinnia non sono la soluzione ai drammatici problemi che attanagliano la nostra Terra, bensì ne costituiscono dei fondamentali pilastri.
Chiamiamo, dunque, a raccolta tutti i giovani, interni a Unidade Indipendentista, suoi simpatizzanti o che comunque ritengono che l’unica speranza per il riscatto del nostro Popolo e di noi giovani sardi sia la rottura delle catene coloniali imposteci dallo stato italiano, il conseguimento della piena sovranità nazionale e la costruzione di una repubblica sarda indipendente fondata sui principi di giustizia sociale, solidarietà comunitaria, piena ed autentica libertà collettiva ed individuale e valorizzazione e salvaguardia delle identità nazionali; principi quindi radicalmente alternativi a quelli del capitalismo neoliberista e della globalizzazione imperialistica, a cui il colonialismo italiano in Sardinnia è funzionale. La nostra generazione ha due strade antitetiche dinanzi a essa: da una parte quella del definitivo collasso socioeconomico della nostra Terra e scomparsa della nostra lingua e cultura e quindi la fine della Sardinnia in quanto Nazione, dall’altra quella della rinascita economica, sociale, linguistica, culturale, morale e spirituale della nostra Patria attraverso l’unico mezzo possibile per conseguire ciò, ovvero la progressiva emancipazione nazionale fino all’Indipendenza e la conseguente elevazione del Popolo Sardo al rango (per forza di cose negato a quelli senza Stato) di Popolo di serie A. Scegliamo, insieme, di imboccare la strada giusta!!!
«Intantu in s’Isula nostra, numerosa giuventude, de talentu e de virtude, oziosa la lassàna; e si alguna nd’impleàna, chircaian su pius tontu, pro chi li torrat a contu, cun zente zega tratare»
Dae “Su patriotu sardu a sos feudatarios”, s’Innu de sa Natzione Sarda, F. I. Mannu
BIVAT SA SARDINNIA LIBERA!!!
BIVAT S’UNIDADE INDIPENDENTISTA!!!
BIVAT SA GIUVENTUDI INDIPENDENTISTA!!!
Casteddu, 10 de Martzu de su 2009
Unidadi de sa Giuventudi Indipendentista Sarda
Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda
Soberania, Democratzia, Sotzialismu
Giassu: www.giuventudi.org – www.giuventude.org
Cuntatu (provisòriu): 28deabrili@tiscali.it
Carta de tzerriada pro s’Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda
Carta di chiamata per l’Unità della Gioventù Indipendentista Sarda
Le giovani e i giovani sono il futuro di una Nazione, la loro parte più disinteressata, più viva, più dinamica, meno legata a vecchie abitudini, schemi mentali e preconcetti, più incline a intraprendere dei percorsi volti alla costruzione di una società migliore e alternativa, a impegnarsi e lottare per essa.
Nella nostra Nazione, la Sardinnia, la gioventù è, ad oggi, nella sua parte più consistente, priva di qualsivoglia prospettiva sicura e rassicurante, causa la drammatica e cronica condizione di sottosviluppo economico indotto da decenni di malgoverno italiano nella nostra Terra:
- il settore industriale petrolchimico (l’unico che lo stato italiano e la classe politica sarda sua intermediaria abbiano inteso sviluppare in Sardinnia, in lampante contrasto con le sue esigenze e naturali propensioni) attraversa una crisi sempre più drammatica e ormai prossima al definitivo collasso, complice la sistematica elargizione di fondi regionali a industriali senza scrupoli che regolarmente dopo pochi anni chiudono le proprie fabbriche dichiarandone il fallimento, magari portandone via i macchinari pagati con i soldi dei sardi, come accaduto nel caso della Queen (meccanismo coloniale permesso dalla vergognosa legge 488, né più né meno che una vera e propria regolamentazione della più bieca e pura speculazione), con la tacita connivenza dei partiti e dei sindacati italiani, e con il desolante risultato dell’ulteriore e progressivo ingrossamento delle file degli operai e dei lavoratori sardi in cassa integrazione;
- il settore agropastorale, ugualmente, attraversa una crisi senza precedenti, con i sardi che investono in esso che si trovano sempre più schiacciati dalla sleale e impari concorrenza delle grandi imprese multinazionali, con la complicità del potere politico statale e regionale che permette che le nostre produzioni peculiari e uniche al mondo siano introdotte sul mercato in balia di sé stesse, senza i meccanismi di tutela e valorizzazione che competerebbero loro per la propria condizione di unicità (un esempio su tutti quello del latte ovino e caprino sardo, che i nostri piccoli produttori si trovano costretti a vendere ai prezzi di un qualsiasi infimo latte di produzione industriale e per la cui tutela sarebbe sufficiente la semplice ma efficace istituzione di un Marchio di qualità), con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e che sono ben rappresentate dal dramma delle oltre cinquemila famiglie che nell’ultimo anno e mezzo hanno visto il pignoramento e la messa all’asta delle proprie aziende per i debiti accumulati a causa delle suddette deficitarie condizioni in cui si trovano a operare (pignoramenti resi possibili dalla legge regionale 44/88, contestata dalla stessa Commissione Europea);
- il settore artigianale è allo stesso modo, senza dei radicali interventi di tutela e rilancio, destinato alla progressiva scomparsa per via della sempre maggiore onnipresenza dei centri commerciali (siamo la regione europea con la più alta concentrazione di questi), che rappresentano la fine delle
produzioni e dei mercati locali e comunitari, andando quindi a costituire un ulteriore fattore di quella crisi economica che investe tutti i settori della società sarda.
A questo drammatico quadro consegue il logico fatto che per centinaia di migliaia di giovani sardi l’emigrazione dalla propria Terra e il distacco dalla propria comunità (che per quanto concerne le zone interne si traduce nel drammatico fenomeno del loro progressivo e inesorabile spopolamento), l’arruolamento alle forze di occupazione e repressione militari e poliziesche o la precarietà sottopagata come condizione cronica e ineluttabile della propria esistenza sono le uniche vie per sottrarsi alla drammatica piaga della disoccupazione che decenni di politiche coloniali dello stato italiano e della classe politica sarda sua intermediaria non hanno saputo evitare o, peggio ancora, hanno volutamente e scientificamente alimentato per negare sistematicamente i presupposti per delle politiche socioeconomiche sovranistiche e perpetuare, invece, quelle assistenzialistiche e di sudditanza.
Inoltre, il titolo conseguito al termine di una formazione universitaria sempre più parcellizzata e a funzione di mercato è, nella nostra Terra molto più che nelle zone maggiormente sviluppate dello stato italiano, troppo spesso un mero foglio di carta. I costi per poter intraprendere un cammino universitario sono resi sempre più proibitivi da una concezione dell’istruzione sempre più elitaria e .classista: le leggi italiane 133/2008 (ex d.l. 112/2008) e 1/2009 (ex d.l. 180/2008) oltre che prevedere nei prossimi 5 anni un taglio di 1,5 miliardi di euro dei fondi previsti per il finanziamento agli atenei (che per forza di cose si vedranno costretti a far pesare sulle tasche degli studenti e delle loro famiglie queste ingenti risorse che vedranno venir meno), introducono e incentivano la possibilità di trasformazione degli atenei in fondazioni private (che così sancirebbero la supremazia di una ricerca improntata alla massimizzazione immediata del profitto rispetto alla cultura e al sapere). Inoltre l’ultima controriforma dell’istruzione pubblica, quella Gelmini, infliggendo un durissimo colpo alle scuole di grado inferiore dei piccoli centri, e incentivandone l’accorpamento, favorisce il già citato devastante fenomeno del progressivo spopolamento delle zone interne.
Come se non bastasse, l’istruzione pubblica in Sardinnia e, in prospettiva, quel che ne rimarrà di questo passo, continua a negare sistematicamente alle giovani e ai giovani sardi il diritto di poter valorizzare all’interno di essa la propria lingua, cultura e storia: i corsi facoltativi aperti qua e là nelle scuole superiori e nelle università fungono unicamente da specchietto per le allodole funzionale al continuo rinvio di un effettivo e massiccio inserimento della lingua, della cultura e della storia sarda nei programmi ordinari delle scuole sarde di ogni ordine e grado, unico atto capace a medio-lungo termine di contrastare su larga scala il perpetuarsi del processo, specie nei grandi centri in fase ormai avanzata, di etnocidio linguistico e culturale del Popolo Sardo.
Come intraprendere dunque un processo volto al superamento dell’insostenibile status quo? Tramite l’unica via secondo noi percorribile per il Popolo Sardo, e per la gioventù in primis, per sconfiggere il sottosviluppo economico, il malessere sociale e la negazione della propria identità linguistico-culturale, e quindi per spezzare le catene del colonialismo italiano in Sardinnia, ovvero la lotta di liberazione nazionale e sociale, il conseguimento della sovranità come mezzo di costruzione di un’alternativa sarda di società, all’insegna della solidarietà e della giustizia sociale, dell’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, della libertà e della democrazia intese non già come semplice potere di delega ma come introduzione di ampi spazi di partecipazione dei componenti della comunità ai processi decisionali (principio intrinseco nel filone storico dell’indipendentismo sardo: dal primo sardismo delle masse contadine reduci dalla I Guerra Mondiale, al socialismo federalista di Antonio Gramsci e più esplicitamente indipendentista del PCS di Cassitta, Mura e Anfossi, dall’indipendentismo socialista di Antonio Simon Mossa a quello de Su Populu Sardu, Sardinna e Libertade e Partidu Sardu Indipendentista, fino a giungere all’attuale esperienza di Unidade Indipendentista).
Ma ogni lotta che vuole essere vincente, come insegnano i movimenti indipendentisti mediterranei ed europei maggiormente radicati nel proprio territorio e influenti nel proprio contesto nazionale, deve avere adeguate strutture organizzative per ogni settore e categoria della società: occorre quindi oltre che la presenza una realtà prettamente politica che porti avanti la lotta di liberazione nazionale e sociale, anche lo sviluppo di realtà sindacali, di difesa e rilancio della lingua e della cultura, di salvaguardia dell’ambiente e valorizzazione del territorio, di lotta alle discriminazioni sessuali e di genere e, quindi, di una realtà giovanile unitaria e radicata a livello nazionale.
Preso atto di questa necessità e della storica mancanza all’interno del movimento di liberazione nazionale e sociale sardo di tale organizzazione prettamente formata da giovani sardi e rivolta ai giovani sardi, nei primi mesi del 2006 a Cagliari venne fondato da alcuni giovani patrioti il Tzìrculu 28 de Abrili che, nel settembre 2007, subirà una prima evoluzione da realtà territoriale a realtà nazionale, divenendo 28 de Abrili – Organizadura de sa Juventudi Sarda po s’Indipendèntzia, sa Democratzia direta e su Sotzialismu e lavorando per porre le basi per l’unità delle forze politiche anticolonialiste in generale e della gioventù anticolonialista in particolare.
Oggi, in virtù della nuova fase politica apertasi con la storica nascita di Unidade Indipendentista, ovvero di quel Fronte ampio e inclusivo di liberazione nazionale e sociale che in questi tre anni abbiamo sempre fortemente auspicato, e alla cui creazione abbiamo partecipato ponendoci come sua componente giovanile organizzata, dichiariamo realizzati i presupposti a cui il 28 de Abrili ha lavorato in questi anni, ergo esauritasi la sua funzione storica e divenuti maturi i tempi per la nascita dell’Unidade/i de sa Giuventude/i Indipendentista Sarda.
Pertanto invitiamo le organizzazioni facenti parte di Unidade Indipendentista a contribuire fin da subito a un rafforzamento su scala nazionale dell’Unidadi de sa Giuventudi Indipendentista Sarda riconoscendo formalmente il ruolo che gli concerne e favorendo e incentivando un impegno dei propri giovani all’interno di essa: essendo che la gioventù dovrà costituire il motore del riscatto nazionale e sociale del Popolo Sardo, solo con un’Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda forte e dinamica, attiva e radicata, il progetto Unidade Indipendentista potrà assumere nei prossimi anni quel ruolo centrale e di polo di attrazione per tutti quei sardi liberi e ormai coscienti che i partiti italiani e la loro indegna classe politica intermediaria in Sardinnia non sono la soluzione ai drammatici problemi che attanagliano la nostra Terra, bensì ne costituiscono dei fondamentali pilastri.
Chiamiamo, dunque, a raccolta tutti i giovani, interni a Unidade Indipendentista, suoi simpatizzanti o che comunque ritengono che l’unica speranza per il riscatto del nostro Popolo e di noi giovani sardi sia la rottura delle catene coloniali imposteci dallo stato italiano, il conseguimento della piena sovranità nazionale e la costruzione di una repubblica sarda indipendente fondata sui principi di giustizia sociale, solidarietà comunitaria, piena ed autentica libertà collettiva ed individuale e valorizzazione e salvaguardia delle identità nazionali; principi quindi radicalmente alternativi a quelli del capitalismo neoliberista e della globalizzazione imperialistica, a cui il colonialismo italiano in Sardinnia è funzionale. La nostra generazione ha due strade antitetiche dinanzi a essa: da una parte quella del definitivo collasso socioeconomico della nostra Terra e scomparsa della nostra lingua e cultura e quindi la fine della Sardinnia in quanto Nazione, dall’altra quella della rinascita economica, sociale, linguistica, culturale, morale e spirituale della nostra Patria attraverso l’unico mezzo possibile per conseguire ciò, ovvero la progressiva emancipazione nazionale fino all’Indipendenza e la conseguente elevazione del Popolo Sardo al rango (per forza di cose negato a quelli senza Stato) di Popolo di serie A. Scegliamo, insieme, di imboccare la strada giusta!!!
«Intantu in s’Isula nostra, numerosa giuventude, de talentu e de virtude, oziosa la lassàna; e si alguna nd’impleàna, chircaian su pius tontu, pro chi li torrat a contu, cun zente zega tratare»
Dae “Su patriotu sardu a sos feudatarios”, s’Innu de sa Natzione Sarda, F. I. Mannu
BIVAT SA SARDINNIA LIBERA!!!
BIVAT S’UNIDADE INDIPENDENTISTA!!!
BIVAT SA GIUVENTUDI INDIPENDENTISTA!!!
Casteddu, 10 de Martzu de su 2009
Unidadi de sa Giuventudi Indipendentista Sarda
Unidade de sa Giuventude Indipendentista Sarda
Soberania, Democratzia, Sotzialismu
Giassu: www.giuventudi.org – www.giuventude.org
Cuntatu (provisòriu): 28deabrili@tiscali.it