QUESTIONE ECONOMICA
a SardigLna è una terra ricca di risorse materiali, ambientali, agricole, energetiche ed
umane. Risorse materiali sono le nostre materie prime da cava, le sabbie silicee, il granito, i
metalli, le leghe speciali, il caolino e il piombo. Risorsa ambientale è il nostro territorio
nazionale, con il suo mare, le sue coste, i boschi, il paesaggio. Risorsa agricola sono i nostri
terreni adatti a diversi tipi di coltivazione: olivi, vite, sughere, orti, serre, oltre al pascolo per il
nostro immenso capitale ovino e bovino. Risorse energetiche sono il nostro sole, il vento ma
anche il carbone, se utilizzato con le giuste tecnologie. Risorsa umana siamo noi stessi, i
nostri codici linguistici ed elaborativi, la nostra storia e le nostre tradizioni, il nostro modo di
entrare in contatto con gli altri popoli e le altre culture.
Eppure, nonostante la ricchezza presente nella nostra nazione, il popolo sardo da decenni è
costretto a fare i conti con una situazione indotta di sottosviluppo, di disoccupazione e
quindi di ripresa massiccia dell'emigrazione. Questa realtà è determinata da almeno due
cause principali: la pluridecennale imposizione di una economia completamente
slegata dalle esigenze e risorse della Sardigna e l'utilizzo dei fondi per gli
investimenti nei vari settori (legge 488 in primis) a puro scopo speculativo (cioè
incamerare finanziamenti pubblici di varia natura e chiudere dopo pochi anni dichiarando crisi o
fallimento) e non per creare lavoro e benessere.
Proponiamo quindi che la regione promuova immediatamente una serie di gruppi di
studio di economisti sardi, col coinvolgimento di giovani laureati in materie economicopolitiche,
che portino avanti:
- Uno studio dettagliato di tutta l'economia sarda esistente, delle aziende produttive e di
quelle in crisi, di tutti i settori (agroalimentare, artigianale, industriale, turismo, servizi,
etc.);
- Uno studio delle possibilità di incremento delle produzioni redditizie;
- Uno studio dei mercati mondiali e delle effettive possibilità di sviluppo dei prodotti sardi;
- Uno studio sul consumo locale in sardigna.
Il tutto finalizzato a conseguire una conoscenza globale che permetta di attuare una seria
politica di medio e lungo termine che sostenga e promuova le attività produttive e che
tenga conto della disoccupazione e del precariato esistenti in Sardigna, ma anche della
legittima aspirazione degli emigrati a fare ritorno in Sardigna con mutate condizioni socioeconomiche.
Riconversione industriale. Per andare incontro ad un vero sviluppo è necessario che
il settore industriale sia strettamente legato alle risorse e alle esigenze reali
dell'economia sarda. Basta con investimenti industriali truffaldini che si propongono di
lavorare materie prime qui inesistenti e con progetti slegati dalle esigenze della nostra
economia! Proponiamo una politica di medio e lungo termine di incentivazione
pubblica per lo sviluppo capillare di un settore industriale legato alla lavorazione,
trasformazione e valorizzazione delle risorse, umane e naturali, presenti in Sardigna.
Approvazione di una legislazione adeguata che limiti il più possibile la possibilità per
gli imprenditori (stranieri o sardi che siano) di beneficiare dei contributi pubblici (legge
488 in primis), per poi chiudere gli impianti dopo pochi anni lasciando solo fame,
disoccupazione ed emigrazione, così com’è successo troppe volte negli ultimi decenni.
Proponiamo l’approvazione di una legge “regionale” che impedisca, in caso di
chiusura degli impianti, di trasferire al di fuori della Sardigna qualsiasi bene,
materiale o immateriale, sia stato acquistato tramite il finanziamento di fondi
pubblici. Analogamente la Regione Sarda deve poter rilevare le infrastrutture e i
macchinari finanziati con soldi pubblici, nel momento in cui l'impresa che ha ricevuto
il finanziamento dichiari fallimento.
In tal modo si eviterà di attirare in Sardigna imprenditori interessati esclusivamente ad
incassare il finanziamento pubblico e verrà messo un argine al fenomeno delle imprese che
ricollocano o rivendono all'estero i macchinari pagati con denaro pubblico, per poi lasciare
migliaia di sardi cassintegrati o disoccupati.
Avviamento di un programma di studio e di analisi finalizzato alla costituzione di un
Marchio di qualità del latte ovino e caprino sardo. Queste qualità di latte, uniche al
mondo, vengono ancor oggi considerate alla stregua di un latte di tipo industriale qualsiasi, e
quindi pagate a prezzi miseri dagli industriali lattiero-caseari. Il Marchio di qualità
renderebbe i pastori proprietari di un prodotto certificato di altissima qualità e li
metterebbe su un piano di maggiore forza nella contrattazione con gli industriali. Ciò
impedirebbe il drenaggio all’estero di una grossa parte di ricchezze derivanti da uno dei nostri
settori agro-alimentari più significativi.
Proponiamo l’avvio di politiche che favoriscano il consumo dei prodotti locali derivati
dall’agricoltura e dall’allevamento, oltre che la valorizzazione di una gestione
sostenibile del territorio (campagne di forestazione, investimento sulle filiere
produttive e sul turismo rurale). Per quanto riguarda i centri non costieri, dovranno esser
previste delle deroghe alla legge urbanistica, in merito alle costruzioni a servizio di piccoli
poderi agricoli che permettano la sopravvivenza della microeconomia basata sulla
coltivazione e sull’allevamento a conduzione familiare.
Non siamo affatto contro il turismo, anzi incentiveremo attraverso un bando di finanziamento
di infrastrutture per aziende del settore che escluda drasticamente tutte quelle che non
rispettano e non hanno rispettato l'ambiente. Daremo priorità ai piccoli imprenditori sardi ed
impediremo la cementificazione dei grandi villaggi turistici, perché negli ultimi anni questo
processo ha compromesso seriamente le nostre coste e ha drenato un flusso cospicuo di
capitali fuori dalla Sardigna lasciando spesso ai giovani sardi solo le briciole del lavoro
stagionale.
Proponiamo un programma per la razionalizzazione dei consumi interni in base alle
esigenze dei sardi e non di quelle del grande capitale. È assurdo che noi consumiamo
beni del settore agroalimentare che arrivano da centinaia o migliaia di km di distanza mentre
lo stesso bene prodotto qua va a finire altrove. Questo meccanismo va a scapito della qualità
degli alimenti (e quindi della nostra vita), che trascorrono settimane prima di essere
consumati, dell'ambiente (il trasporto di migliaia di tir che potrebbe essere evitato), dei costi
per il consumatore e soprattutto dell'economia locale.
Proponiamo che una grossa fetta delle risorse rese utili dai tagli di spesa degli ultimi bilanci
della Regione siano spese per un bando di finanziamento per l'inserimento nel mondo del
lavoro dei disoccupati: incentivi a fondo perduto per progetti presentati da disoccupati
residenti in Sardigna.
Siamo la regione geografica europea con la più alta concentrazione di ipermercati. Questo,
come tutti sanno, ha generato diseconomie nel territorio e abbassamento della qualità dei
prodotti consumati, a tutto vantaggio delle multinazionali che detengono questi centri
commerciali. Proponiamo che venga immediatamente impedita l'apertura di nuovi
centri commerciali in Sardigna e che viceversa si dia impulso, con procedimenti mirati,
alla ripresa dei mercati comunali ed intercomunali, nei quali si saltano parecchie delle
intermediazioni tra produttore e consumatore, in modo da creare un chiaro vantaggio ad
entrambi.
Per la tutela dell’artigianato locale proponiamo l’avvio di politiche di incentivazione,
valorizzazione e promozione in ambito nazionale ed internazionale. La giunta Soru ha
fatto chiudere i battenti all’ente regionale ISOLA, sicuramente fonte di sprechi e
clientele, ma ha lasciato gli artigiani in balia di sé stessi senza approntare una seria
politica di sostegn, raccordo e incentivazione di questo importante settore insieme
economico e culturale.
umane. Risorse materiali sono le nostre materie prime da cava, le sabbie silicee, il granito, i
metalli, le leghe speciali, il caolino e il piombo. Risorsa ambientale è il nostro territorio
nazionale, con il suo mare, le sue coste, i boschi, il paesaggio. Risorsa agricola sono i nostri
terreni adatti a diversi tipi di coltivazione: olivi, vite, sughere, orti, serre, oltre al pascolo per il
nostro immenso capitale ovino e bovino. Risorse energetiche sono il nostro sole, il vento ma
anche il carbone, se utilizzato con le giuste tecnologie. Risorsa umana siamo noi stessi, i
nostri codici linguistici ed elaborativi, la nostra storia e le nostre tradizioni, il nostro modo di
entrare in contatto con gli altri popoli e le altre culture.
Eppure, nonostante la ricchezza presente nella nostra nazione, il popolo sardo da decenni è
costretto a fare i conti con una situazione indotta di sottosviluppo, di disoccupazione e
quindi di ripresa massiccia dell'emigrazione. Questa realtà è determinata da almeno due
cause principali: la pluridecennale imposizione di una economia completamente
slegata dalle esigenze e risorse della Sardigna e l'utilizzo dei fondi per gli
investimenti nei vari settori (legge 488 in primis) a puro scopo speculativo (cioè
incamerare finanziamenti pubblici di varia natura e chiudere dopo pochi anni dichiarando crisi o
fallimento) e non per creare lavoro e benessere.
Proponiamo quindi che la regione promuova immediatamente una serie di gruppi di
studio di economisti sardi, col coinvolgimento di giovani laureati in materie economicopolitiche,
che portino avanti:
- Uno studio dettagliato di tutta l'economia sarda esistente, delle aziende produttive e di
quelle in crisi, di tutti i settori (agroalimentare, artigianale, industriale, turismo, servizi,
etc.);
- Uno studio delle possibilità di incremento delle produzioni redditizie;
- Uno studio dei mercati mondiali e delle effettive possibilità di sviluppo dei prodotti sardi;
- Uno studio sul consumo locale in sardigna.
Il tutto finalizzato a conseguire una conoscenza globale che permetta di attuare una seria
politica di medio e lungo termine che sostenga e promuova le attività produttive e che
tenga conto della disoccupazione e del precariato esistenti in Sardigna, ma anche della
legittima aspirazione degli emigrati a fare ritorno in Sardigna con mutate condizioni socioeconomiche.
Riconversione industriale. Per andare incontro ad un vero sviluppo è necessario che
il settore industriale sia strettamente legato alle risorse e alle esigenze reali
dell'economia sarda. Basta con investimenti industriali truffaldini che si propongono di
lavorare materie prime qui inesistenti e con progetti slegati dalle esigenze della nostra
economia! Proponiamo una politica di medio e lungo termine di incentivazione
pubblica per lo sviluppo capillare di un settore industriale legato alla lavorazione,
trasformazione e valorizzazione delle risorse, umane e naturali, presenti in Sardigna.
Approvazione di una legislazione adeguata che limiti il più possibile la possibilità per
gli imprenditori (stranieri o sardi che siano) di beneficiare dei contributi pubblici (legge
488 in primis), per poi chiudere gli impianti dopo pochi anni lasciando solo fame,
disoccupazione ed emigrazione, così com’è successo troppe volte negli ultimi decenni.
Proponiamo l’approvazione di una legge “regionale” che impedisca, in caso di
chiusura degli impianti, di trasferire al di fuori della Sardigna qualsiasi bene,
materiale o immateriale, sia stato acquistato tramite il finanziamento di fondi
pubblici. Analogamente la Regione Sarda deve poter rilevare le infrastrutture e i
macchinari finanziati con soldi pubblici, nel momento in cui l'impresa che ha ricevuto
il finanziamento dichiari fallimento.
In tal modo si eviterà di attirare in Sardigna imprenditori interessati esclusivamente ad
incassare il finanziamento pubblico e verrà messo un argine al fenomeno delle imprese che
ricollocano o rivendono all'estero i macchinari pagati con denaro pubblico, per poi lasciare
migliaia di sardi cassintegrati o disoccupati.
Avviamento di un programma di studio e di analisi finalizzato alla costituzione di un
Marchio di qualità del latte ovino e caprino sardo. Queste qualità di latte, uniche al
mondo, vengono ancor oggi considerate alla stregua di un latte di tipo industriale qualsiasi, e
quindi pagate a prezzi miseri dagli industriali lattiero-caseari. Il Marchio di qualità
renderebbe i pastori proprietari di un prodotto certificato di altissima qualità e li
metterebbe su un piano di maggiore forza nella contrattazione con gli industriali. Ciò
impedirebbe il drenaggio all’estero di una grossa parte di ricchezze derivanti da uno dei nostri
settori agro-alimentari più significativi.
Proponiamo l’avvio di politiche che favoriscano il consumo dei prodotti locali derivati
dall’agricoltura e dall’allevamento, oltre che la valorizzazione di una gestione
sostenibile del territorio (campagne di forestazione, investimento sulle filiere
produttive e sul turismo rurale). Per quanto riguarda i centri non costieri, dovranno esser
previste delle deroghe alla legge urbanistica, in merito alle costruzioni a servizio di piccoli
poderi agricoli che permettano la sopravvivenza della microeconomia basata sulla
coltivazione e sull’allevamento a conduzione familiare.
Non siamo affatto contro il turismo, anzi incentiveremo attraverso un bando di finanziamento
di infrastrutture per aziende del settore che escluda drasticamente tutte quelle che non
rispettano e non hanno rispettato l'ambiente. Daremo priorità ai piccoli imprenditori sardi ed
impediremo la cementificazione dei grandi villaggi turistici, perché negli ultimi anni questo
processo ha compromesso seriamente le nostre coste e ha drenato un flusso cospicuo di
capitali fuori dalla Sardigna lasciando spesso ai giovani sardi solo le briciole del lavoro
stagionale.
Proponiamo un programma per la razionalizzazione dei consumi interni in base alle
esigenze dei sardi e non di quelle del grande capitale. È assurdo che noi consumiamo
beni del settore agroalimentare che arrivano da centinaia o migliaia di km di distanza mentre
lo stesso bene prodotto qua va a finire altrove. Questo meccanismo va a scapito della qualità
degli alimenti (e quindi della nostra vita), che trascorrono settimane prima di essere
consumati, dell'ambiente (il trasporto di migliaia di tir che potrebbe essere evitato), dei costi
per il consumatore e soprattutto dell'economia locale.
Proponiamo che una grossa fetta delle risorse rese utili dai tagli di spesa degli ultimi bilanci
della Regione siano spese per un bando di finanziamento per l'inserimento nel mondo del
lavoro dei disoccupati: incentivi a fondo perduto per progetti presentati da disoccupati
residenti in Sardigna.
Siamo la regione geografica europea con la più alta concentrazione di ipermercati. Questo,
come tutti sanno, ha generato diseconomie nel territorio e abbassamento della qualità dei
prodotti consumati, a tutto vantaggio delle multinazionali che detengono questi centri
commerciali. Proponiamo che venga immediatamente impedita l'apertura di nuovi
centri commerciali in Sardigna e che viceversa si dia impulso, con procedimenti mirati,
alla ripresa dei mercati comunali ed intercomunali, nei quali si saltano parecchie delle
intermediazioni tra produttore e consumatore, in modo da creare un chiaro vantaggio ad
entrambi.
Per la tutela dell’artigianato locale proponiamo l’avvio di politiche di incentivazione,
valorizzazione e promozione in ambito nazionale ed internazionale. La giunta Soru ha
fatto chiudere i battenti all’ente regionale ISOLA, sicuramente fonte di sprechi e
clientele, ma ha lasciato gli artigiani in balia di sé stessi senza approntare una seria
politica di sostegn, raccordo e incentivazione di questo importante settore insieme
economico e culturale.