A Manca pro s’Indipendentzia sul blocco della produzione a Portotorres
Il giorno 7 luglio ’09 la multinazionale italiana a partecipazione di maggioranza statale ENI ha annunciato che dal 1 agosto gli impianti del cracking della zona industriale di Portotorres (il cuore dell’impianto) verranno bloccati per almeno 2 mesi, creando un ulteriore aggravo alla crisi che già sta colpendo l’intero comparto industriale sardo. L’ENI ha dato sbrigativa comunicazione alla Regione mettendola di fronte al fatto compiuto dimostrando così pochissimo rispetto perfino nei confronti degli stessi mediatori istituzionali del colonialismo.
La motivazione addotta è sempre la“sfavorevole congiuntura economica internazionale” che pesa su tutto il settore petrolchimico europeo. In realtà L’ENI ha dimostrato la volontà di dismettere l’impianto ben prima della crisi dei mercati finanziari, forse perché è più conveniente delocalizzare verso paesi dove il costo del lavoro è più economico, o forse perché l’intera area è destinata ad altro utilizzo più redditizio (nucleare per esempio?!). Questo noi non possiamo saperlo, ma è un fatto che l’ENI e lo Stato (al di là delle promesse elettorali) non vogliono salvare l’impianto, non vogliono avviare alcun tipo di riconversione e di bonifica e non vogliono nemmeno permettere che altri intervengano (vedi il fallimento pilotato della trattativa bluff con l’imprenditore Sartor o la repentina cancellazione al CIPE dei finanziamenti per le bonifiche a Porto Torres).
A Manca pro s’Indipendentzia non aggiunge la sua voce a quella di chi, come Cappellacci e altri esponenti unionisti, considera «inaccettabile e sconcertante tale scelta perché avviene alla vigilia di un importante vertice internazionale e a 48 ore da uno sciopero generale del settore industria in Sardigna proclamato da Cgil, Cisl e Uil». Al popolo sardo non interessano i vertici imperialisti e gli scioperi farsa! Noi riteniamo inaccettabile tale decisione, nell’aria già da tempo, perché presa in maniera assolutamente unilaterale dalla multinazionale ENI e perché va a svilire tutte le controparti che sono intenzionate a sedersi ad un tavolo per risolvere la questione della chimica in Sardigna e in particolar modo nella città turritana che ha ceduto la miglior parte del suo territorio per dare i natali al polo industriale.
L’aspetto più inquietante di tutto ciò è il modo in cui vengono trattati i lavoratori sardi, visti soltanto come manovalanza da buttar via senza alcun rispetto per la loro condizione, senza offrire loro la possibilità di discutere sul loro futuro accettando le decisioni dall’alto come dato acquisito.
La vicenda della Chimica in Sardigna si va ad inserire in un progressivo disimpegno economico dello Stato dalla nostra isola destinata evidentemente ad altro uso. Lo stato italiano ha dimostrato fin dagli anni sessanta la precisa volontà di mantenere i nostri territori in una condizione di sottosviluppo. La Chimica ha giocato un ruolo decisivo in questo. Prima si sono convinti i sardi a non portare avanti alcun percorso economico autonomo e a vestire la tuta blu illudendoli che fosse la scelta migliore, poi sono arrivati i licenziamenti e il blocco della produzione. Ormai si gioca a carte scoperte!
Da questa situazione i sardi possono uscirne solo agendo e pensando da comunità nazionale matura.
A Manca pro s’Indipendentzia si impegna pertanto a lavorare al fianco di chi sta perdendo il lavoro e delle comunità interessate dalla crisi per realizzare una proposta economica e sociale alternativa a quella imposta dall’alto e con violenza.
A Manca pro s’Indipendentzia
www.manca-indipendentzia.org
Il giorno 7 luglio ’09 la multinazionale italiana a partecipazione di maggioranza statale ENI ha annunciato che dal 1 agosto gli impianti del cracking della zona industriale di Portotorres (il cuore dell’impianto) verranno bloccati per almeno 2 mesi, creando un ulteriore aggravo alla crisi che già sta colpendo l’intero comparto industriale sardo. L’ENI ha dato sbrigativa comunicazione alla Regione mettendola di fronte al fatto compiuto dimostrando così pochissimo rispetto perfino nei confronti degli stessi mediatori istituzionali del colonialismo.
La motivazione addotta è sempre la“sfavorevole congiuntura economica internazionale” che pesa su tutto il settore petrolchimico europeo. In realtà L’ENI ha dimostrato la volontà di dismettere l’impianto ben prima della crisi dei mercati finanziari, forse perché è più conveniente delocalizzare verso paesi dove il costo del lavoro è più economico, o forse perché l’intera area è destinata ad altro utilizzo più redditizio (nucleare per esempio?!). Questo noi non possiamo saperlo, ma è un fatto che l’ENI e lo Stato (al di là delle promesse elettorali) non vogliono salvare l’impianto, non vogliono avviare alcun tipo di riconversione e di bonifica e non vogliono nemmeno permettere che altri intervengano (vedi il fallimento pilotato della trattativa bluff con l’imprenditore Sartor o la repentina cancellazione al CIPE dei finanziamenti per le bonifiche a Porto Torres).
A Manca pro s’Indipendentzia non aggiunge la sua voce a quella di chi, come Cappellacci e altri esponenti unionisti, considera «inaccettabile e sconcertante tale scelta perché avviene alla vigilia di un importante vertice internazionale e a 48 ore da uno sciopero generale del settore industria in Sardigna proclamato da Cgil, Cisl e Uil». Al popolo sardo non interessano i vertici imperialisti e gli scioperi farsa! Noi riteniamo inaccettabile tale decisione, nell’aria già da tempo, perché presa in maniera assolutamente unilaterale dalla multinazionale ENI e perché va a svilire tutte le controparti che sono intenzionate a sedersi ad un tavolo per risolvere la questione della chimica in Sardigna e in particolar modo nella città turritana che ha ceduto la miglior parte del suo territorio per dare i natali al polo industriale.
L’aspetto più inquietante di tutto ciò è il modo in cui vengono trattati i lavoratori sardi, visti soltanto come manovalanza da buttar via senza alcun rispetto per la loro condizione, senza offrire loro la possibilità di discutere sul loro futuro accettando le decisioni dall’alto come dato acquisito.
La vicenda della Chimica in Sardigna si va ad inserire in un progressivo disimpegno economico dello Stato dalla nostra isola destinata evidentemente ad altro uso. Lo stato italiano ha dimostrato fin dagli anni sessanta la precisa volontà di mantenere i nostri territori in una condizione di sottosviluppo. La Chimica ha giocato un ruolo decisivo in questo. Prima si sono convinti i sardi a non portare avanti alcun percorso economico autonomo e a vestire la tuta blu illudendoli che fosse la scelta migliore, poi sono arrivati i licenziamenti e il blocco della produzione. Ormai si gioca a carte scoperte!
Da questa situazione i sardi possono uscirne solo agendo e pensando da comunità nazionale matura.
A Manca pro s’Indipendentzia si impegna pertanto a lavorare al fianco di chi sta perdendo il lavoro e delle comunità interessate dalla crisi per realizzare una proposta economica e sociale alternativa a quella imposta dall’alto e con violenza.
A Manca pro s’Indipendentzia
www.manca-indipendentzia.org